In quegli anni le settimane al mare non ce le potevamo permettere.
Mio babbo aveva acquistato, non senza sacrifici, una 1100 Fiat modello 103, usata di 10 anni. Grigia, con il tetto bianco, le code stondate, il cambio al volante e il sedile davanti era un unico divanetto. Con quella andavamo ogni tanto al mare da mattina a sera.
La destinazione era il mare di Torre del Lago o Marina di Vecchiano, qualche anno prima che divenisse tragicamente famosa per il caso Lavorini. Una sorta di Versilia per operai e persone più umili. Si partiva prestissimo “per evitare il traffico” diceva il babbo. Ma di traffico nei primi anni ‘60 del secolo scorso non è che ce ne fosse molto. Si faceva la Firenze Mare, l’autostrada che solo a nominarla evocava bagni e sole.
Da poco era divenuta a quattro corsie e nel mezzo aveva dei bellissimi pini marittimi. Ogni tanto c’erano “le barriere”, a Prato, Montecatini, Lucca. Un signore si sporgeva di lato dal casottino e a lui si pagava il pedaggio. Alla fine si arrivava a Migliarino, da lì alle spiagge ci sarebbe stato un breve tragitto.
Nella macchina portavamo un sacco di cose. Prima di tutto un grande ombrellone a cui, mia madre aveva cucito ad ogni stecca un occhiello. A questi si metteva una grande tenda a strisce, recuperata da quelle vecchie delle terrazze di casa. In quella maniera l’ombrellone diveniva una sorta di tenda, di territorio tutto nostro.
Là dentro ci si spogliava, si mangiava e si riposava.A me piaceva il tavolino da pic nic che si apriva e dentro aveva 4 piccole sedie. Allora, essendo in quattro, ci bastava. Qualche anno più tardi la famiglia si sarebbe ingrandita con altri due figli e si sarebbero aggiunte due sedie.
Una volta sistemate le cose, finalmente si andava a riva e il bagno tanto atteso diveniva gioia, divertimento, appagamento.Arrivava l’ora del pranzo e tutto diventava magia. Da non so quali borse, come abile prestigiatore, la mamma tirava fuori, bracioline fritte, polpette, pasta fredda e insalate di pomodori e tonno. Poi da un frigorifero portatile della Giostyle le bevande fresche sembravano un miraggio in mezzo al deserto.In quei luoghi e in quell’atmosfera I cibi assumevano altri sapori, altre prelibatezze.
Avrei scoperto più tardi con l’età che il condimento meraviglioso che arricchiva quella breve vacanza era semplicemente la felicità. Dopo, il babbo si riposava addormentandosi pesantemente e rumorosamente all’ombra della tenda.Iniziavano le “tre ore” più lunghe e tormentate di quelle giornate. Già perché la regola ferrea, insuperabile, inopponibile era dettata dalla digestione.
Finalmente quando il babbo si svegliava si poteva fare il bagno, la mamma nella sua vita non ha mai sorpassato la profondità della sua caviglia.Si rimaneva in acqua a lungo, finché si poteva, nell’acqua bassa, finché la pelle delle dita diveniva grinzosa e la pelle d’oca non poteva più coprire le nostre bugie di non sentire freddo. A volte, ed era bellissimo, rimanevamo fino a tardi, si mangiavano gli avanzi e si guardava il tramonto, tutti insieme seduti in riva al mare, in silenzio mentre il cuore si rasserenava e l’anima si arricchiva di nuove sensazioni.
Nel buio della sera estiva si rimontava in macchina e si faceva la strada a ritroso. Io dopo un po’ mi addormentavo. Tante le emozioni, tanta la bellezza di quelle giornate.Oggi, che sono davanti a un mare meraviglioso e paradisiaco, sulle coste siciliane e lo scirocco caldo dell’Africa muove i miei capelli divenuti bianchi, stringo la mano di Katia mia moglie e compagna da tanti anni. Sento il rumore delle onde e nel silenzio sento le stesse emozioni e la ricchezza che solo l’Amore di oggi come di allora ha saputo donarmi.