Nel mezzo del cammin di nostra vita
fummo assaliti da malattia oscura
che nostra tranquillità venne colpita.
Ah quanto pesò provar la clausura
ma questo male si rivelò sí forte
ch’avemmo tutti così tanta paura
che ci accogliesse infin madama morte.
Io con agnosti in parte mi trovai
negavo quel malanno e la sua sorte
e quelle mascherine usai giammai.
Così arrogante ero finché ad un punto
una piccante tosse mi beccai.
Vagai allor chè dubbio m’ebbe giunto,
passando al monte e ritornando a valle
cercai chi mi potesse dare spunto
e protezion alle già stanche spalle.
Mi s’approcció con grande disappunto
un medico che non contava balle
Burion il nome, di fama assai concreta:
“tu credi tutto quanto una cacata
il dolor degli altri non t’inquieta?
Verrai con me da chi ha la sorte ingrata,
l’avevo detto al mondo da profeta
sennò l’umanità sarà spacciata.”
Detto così si mosse a passo lesto
nel primo logo dove il malvagio alberga.
Qui sintomo del virus non s’é ancor desto
le genti allor pe’non rischiar le terga
costrette sono a gesto assai indigesto,
stan chiuse in loro villa oppur stamberga.
“Io non credei al mal e fui smargiasso”
mi disse un tale dentro alle stanze chiuse
“ho posti Sardi ove si fa gran chiasso
m’accompagnai con altre menti ottuse
finché il gran morbo mi provocò sconquasso,
Son Briator amico delle genti illuse
d’essere immuni a questo mal tremendo
ora sto chiotto e le idiozie concluse
perché se parlo l’intelligenza offendo”
Fu allor che in me si’cominciò l’allerta
e con Burion discesi assai stravolto
in siti oscuri dove la vita è incerta.
Mi si parò famiglie tristi in volto
ch’avean nel male ormai fatto cammino
e febbre e tosse pativan così molto
che col terror vivan lor vicino.
Chiamò una mamma stanca m’assai bella
con stenti staa e’l corpo avea supino
“patisco tanto ho male alle budella
e d’infettare temo d’esser cagione
ma finirò ch’andrò presto in barella”
e cadde tosto in misera afflizione.
Il cor parvemi infin che mi cadesse
bastó a me veder questa stazione
a capir quanto dolor il male tesse,
Burion avea però ben altre trame
altri sconforti al cuor mi fu necesse.
E m’aspettò ancora triste l’esame
di scendere nel regno d’amarezza
dove chi del respiro ha tanta fame.
In letti d’ospedale senza carezza
stan questi con le maschere sui visi
che ossigeno lor nega ogni ebrezza,
gli manca il fiato e stanno in grande crisi.
M’avvicinò un biondin dal grande ciuffo
“Ero potente, l’America guidavo”
ora m’accorgo d’esser stato buffo
perfin la varecchina mi gustavo
e pago tosto in quell’errore il tuffo
ho perso il tron di certo vaneggiavo”
Guardai Burion et implorai la fine
di quel viaggio che tormentava il core
ma scese ancor e stetti sulle spine.
Andammo giù lì dove l’uom par dorma
traffitta han la gola da tubi di respiro
il male in un supplizio li trasforma.
Guardai il lor corpi ed ebbi capogiro
le membra allor sentii venirmi meno
sorressemi un dottor che stava in giro
con tuta e casco che parea un’alieno.
Un volto vidi e ne ebbi presto attiro
politico sembrò famoso senza meno
“è vecchio ma ogn’or si da da fare”
mi disse un infermiere li vicino
“il Cavaliere non si farà abbuiare
non sarà morto e non avrà declino
ancora sulla scena vorrà stare”
Pietà ne ebbi e piansi a capo chino
più altra sofferenza non potevo
ma’l mio Maestro ancor non era sazio
per pena mia che al male non credevo
volea che grande fosse lo mio strazio
finir in vasta pena ancor dovevo
provar sommo dolore e pagar dazio.
Giungemmo allor dove non c’é più vita
lì il morbo pose fine a ogni respiro
la morte contro lor s’era accanita
e l’anime vagavan andando in giro.
Sorprese furon di vedermi vivo
e avvicinonno meco con ammiro,
“tu sei in questa valle un abusivo
il male non ti tocca o fortunato
ti credi ganzo e fai tu spesso il divo
e della sorte assai hai già abusato.
Se non proteggi più la tua persona
il corpo presto tuo verrà cariato.”
Sentii da dentro com’anima abbandona
e grande lo spavento m’afferrò pelle
Burion ebbe così coscienza buona
fecemi uscir per riveder le stelle.