Io non lo so ma mio nonno e poi il nonno di mio nonno dicevano che questa storia fosse vera. Ora che sono vecchio anche io e il futuro che sognavo è arrivato, ve la voglio raccontare.
Tanti, ma tanti anni fa, proprio come in questi giorni, aleggiava sul mondo lo spirito del Natale. Poteva girare la terra alla velocità della luce, proprio come facciamo noi oggi e si muoveva da un continente all’altro in meno di un secondo. Egli era felicissimo quando vedeva luci intermittenti, alberi addobbati, gente che si scambiava gli auguri e bambini in attesa di doni. A volte però, in certi Paesi, sentiva parole di odio specialmente verso la gente più povera e debole che, volendo migliorare la propria esistenza, cercava con ogni mezzo di fuggire dai luoghi dove regnava la loro miseria. Un giorno volle andare proprio nel mezzo dell’Africa, dentro un’accozzaglia di legni, fango e frasche d’albero che sarebbe difficile chiamare capanna. Ecco io vi racconterò cosa accadde e cosa sentì.
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“Svegliati Bandele” disse Tahir scuotendolo forte alle spalle. Bandele si destò di soprassalto, lo sguardo intontito da un sonno agitato, capace ogni notte di incubi non desiderati. “Svegliati o faremo tardi” lo sollecitò ancora Tahir. Bandele si lavò frettolosamente la faccia nella poca acqua che rimaneva ancora nel catino a disposizione di tutti gli altri bambini della capanna. Bandele come tutti gli altri era un bambino aveva otto anni, due meno di Tahir il suo grande amico.
Tahir prese Bandele per una manica di quello che restava di una maglietta stracciata e sporca, con sopra disegnati i personaggi dei fumetti.
Tahir era preoccupato, correva e trascinava Bandele. Avrebbero fatto tardi per raggiungere la miniera e i “capi” li avrebbe picchiati con i bastoni. Se ne accorse bene Bandele che avevano fatto tardi, quando arrivarono ai due le frustate sulle cosce nude. Tahir si mise a piangere. Bandele no; gli occhi rossi, pieni di lacrime che rimando’ indietro, dentro alla gola, giù fino al cuore, più in giù, profondamente, dentro alla piccola anima piena di odio per quegli uomini che li sfruttavano.
Quel rancore rimase concentrato in quello sguardo pieno di rabbia che diritto finiva negli occhi dell’aguzzino che con il braccio alzato stava per dargli un altro colpo sulle cosce. Lo incassò mugugnando, senza respirare a denti stretti. Poi come tutti gli altri giorni, si mise accanto all’amico Tahir piangente, spalla a spalla in attesa degli ordini, quel piccolo contatto fisico bastò a rassicurarli.
Quel giorno per Tahir andò meglio, fu messo a spaccare con un martello le pietre sotto lo sguardo crudele del “capetto”. Bandele, più piccolo e minuto, fu mandato giù nei cunicoli a scavare. Già i più grandi non riuscivano a entrare in quei piccoli buchi per scavare. Alcuni giorni gli davano gli attrezzi altri giorni era peggio, lavoravano con le mani nude. Le piccole mani erano più adatte a individuare quelle piccole pietre grigie che per loro non erano che piccoli sassi ma, evidentemente, preziosi per i padroni della miniera.
I due bambini erano orfani soli senza genitori. Il padre di Bandele con quello di Tahir un giorno erano fuggiti un dalla miniera. Avevano detto che sarebbero andati in una nazione ricca, al di là del mare, avrebbero fatto fortuna e quindi tornati a prendere la famiglia. Ma non si erano più visti e i capi quando avvicinavano i due piccoli sogghignavano e dicevano loro “lavorate tanto i vostri padri sono cibo per i pesci”. Neanche la mamma avevano i due bambini, erano morte dopo che per anni avevano lavorato nella miniera sputando l’anima e sangue dalla bocca.
Il guadagno di un giorno di lavoro era da fame, un dollaro o poco più.
Intanto lo spirito del Natale osservava e ascoltava ed era sempre più triste. Non riusciva più a muoversi da quei luoghi per seguire la vita dei due bambini.
Fu dopo qualche ora che Tahir sentì il boato. La volta dei cunicoli aveva ceduto e l’amico era rimasti la sotto.
Tahir corse in mezzo alla polvere e arrivò dove prima si aprivano i cunicoli. Disperatamente chiamava il nome del suo amico: “Bandeleee, Bandeleee!!” urlava. Si mise a scavare, come un animale, con le mani, freneticamente. Il suo volto era un maschera di polvere, rigato solo dalla lacrime che cadevano sulle guance, poi sul mento e giù sul petto nudo e ansimante.
“Smettila di scavare” gli urlavano dietro i capi “smettila e torna a lavorare, tanto il tuo amico ormai è crepato”. Ma Tahir non sentiva e scavava e scavava senza sosta.
Lo spirito del Natale era disperato, certo non poteva spostare montagne di detriti, ma in cuor suo sapeva che là sotto Bandele era ancora vivo. Egli aveva scoperto cosa fossero quelle pietre che ora imprigionavano il bambino. Erano un minerale prezioso chiamato Cobalto. Fu allora che gli balenò in testa un’idea magica.
Seguì velocissimo il percorso delle pietre. Dai sacchi della miniera finivano in un furgone da qui nei camion e poi su dei treni. Arrivavano in un porto dove grandi gru le mettevano sulle navi. Le navi andavano in giro per il mondo in altri porti, infine in grandi industrie. Da queste industrie uscivano batterie per i telefoni, per i personal computer e per le auto elettriche.
Tutto il mondo usava quegli apparecchi, me nessuno si chiedeva da dove arrivasse la fonte della loro energia. Nessuno sapeva in particolare che dietro a quelle batterie c’erano bambini sfruttati ed uno in particolare, che in quel momento stava morendo sommerso dalla terra, mentre un altro, disperato, stava scavando con mani sanguinanti per salvarlo.
La magia iniziò in una piazza dove un tizio aizzava la gente contro quei poveri disgraziati che come il padre di Bandele e Tahir, cercavano di emigrare per fuggire dalla povertà. C’erano delle persone che volevano farsi delle foto proprio con quel tizio, ma lo schermo dei cellulari divenne nero e apparve la scritta “Bandele e Tahir, Congo, Miniera Cobalto”. Dopo quelli tutti i telefonini si spensero a apparve solo quella scritta. Anche sui computer e persino sulle auto elettriche. Tutto ciò che funzionava con quelle batterie si fermò. “Bandele e Tahir Congo Miniera Cobalto” il messaggio bloccò tutto.
In tempo brevissimo il malfunzionamento arrivò fino a chi aveva in mano le grandi aziende che costruivano le batterie con il cobalto.
Come sempre accade fu cercata la responsabilità riscendendo la catena del comando. Chi era a capo, tornò indietro e rifece a ritroso il percorso, vennero le navi e i loro comandanti, poi i camion e i loro conducenti e così via. Più si andava indietro più persone si raggruppavano, i proprietari delle industrie con i grandi capi, i grandi capi con altri capi, tutti questi con chi guidava i camion, giù giù fino ai furgoni, e finalmente ai capetti della miniera.
Tutto questo accadde in pochissimo tempo.
Alla fine quell’esercito di persone arrivò proprio dov’erano le persone i cui nomi che erano riportati sul messaggio. Si accorsero, con sorpresa, che erano due bambini. Tahir, che stava ancora scavando e piangendo e Bandele, sepolto sotto la miniera. Tutto fu allora chiaro.
Con attenzione si misero tutti a scavare e in breve emerse la maglietta con i cartoni disegnati. Era Bandele, ormai allo stremo delle forze ma vivo. Fu portato subito all’ospedale e Tahir lo seguì come si segue la cosa più preziosa che sia ha nella vita.
Lo spirito del Natale vegliò su ogni cosa, Bandele potè salvarsi e riabbracciare il grande amico Tahir.
Ma non finì tutto così.
Io non so se sia vero ma si narra che quell’evento colpì tanto le persone del mondo che le miniere cambiarono radicalmente. Divennero una grande risorsa per l’Africa, il lavoro fu ben pagato, i bambini smisero di essere sfruttati e tornarono a scuola. A proposito, i padri di Bandele e Tahir non erano annegati, ma non erano più riusciti a dare notizie di loro. Tornarono in Africa dai loro figli, perché lì il lavoro non mancò più e quel grande continente divenne quello ricco e accogliente che noi tutti conosciamo oggi.
Ma ora bambini a letto perché lo Spirito del Natale deve lasciare i vostri doni sotto l’albero.
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(In Congo nella regione dell’ex Katar 40.000 minori vengono sfruttati nelle miniere, comprese quelle di cobalto, anche per 12 ore consecutive per poco più di di un dollaro al giorno)