Non so voi ma io quando entravo in aula il primo giorno di scuola, cercavo sempre l’ultimo banco. Non era per nascondermi o per fare i cavoli miei, ho sempre studiato, promosso con bei voti, sono stato rappresentante d’istituto degli studenti, sempre davanti nei cortei. Mi mettevo là perché ho sempre pensato che fosse dal fondo che si potesse vedere meglio quello che accadeva. La “prima fila” ha indubbiamente i suoi vantaggi: si è più in vista e nella passerella delle opportunità forse si ha possibilità maggiori. Però il senso della modestia mi ha sempre affascinato. Mi piace la semplicità nella ricerca di quel che di poco possiamo comprendere e fare negli accadimenti della vita. Che c’entra tutto questo con la politica? Pensavo poco, specialmente per chi, come me, della politica era veramente stanco e non vi trovava più niente per cui interessarsi. Invece mi è capitato di vedere un politico che nelle grandi occasioni plenarie, assemblee, convegni, si siede nell’ultima fila, nell’ultima sedia, mentre i big si mettono bene in vista. Questo mi ha incuriosito e sono stato ad ascoltarlo. Ho riflettuto quando ha detto cose diverse, anche scomode. A un certo punto mi sono accorto che restituiva voce a chi questa voce l’aveva persa, dava una sponda a chi pensava che non esistessero più porti dove rifugiare la barca delle proprie idee. Si chiama Roberto Giachetti e mi ha detto che il mio impegno passato, disinteressato e umile non fosse da distruggere. Non c’era neanche da vergognarsi per le cose che erano state fatte e che avevano migliorato questa martoriata Italia. Era da lì che occorreva ripartire, facendo tesoro degli errori perché nella vita servono anch’essi, rappresentano i nostri limiti e il fatto che nessuno, anche laicamente, è portatore di verità assolute. “Allora che possiamo fare?” gli ho chiesto, “tentare di stare insieme” mi ha risposto. “Ma con gli altri ci sono grandi nomi, ci sono Bersani, D’Alema, Franceschini, Minniti, Poletti, Richetti, Lotti e io non sono nessuno”. A questo mi ha risposto “ma questa sarà proprio la nostra forza anche se siamo a mani nude”. Gli ho sorriso e con semplicità abbiamo continuato a parlare, sedendoci nelle sedie dell’ultima fila.