E io penso a Mattarella, ma non in giacca e cravatta nera, serio dietro la scrivania, con il segretario lì vicino e gli altri collaboratori. Quando riceve tutti i partiti. Mentre prende appunti: “ il popolo deve essere sentito” e l’altro “non possiamo permetterci l’innalzamento dell’IVA” e poi “noi non siamo attaccati alla poltrona” e ancora “la Costituzione va protetta” e infine sopportare anche “con l’intercessione della Vergine Maria”. E lui che scrive, si alza saluta e poi riceve e si rialza e risaluta. E poi viene la sera e la cena. Ma che mangerà il Presidente? Un primo leggero, una fettina, forse una sogliola con insalata? Un caffettino decaffeinato? No, forse un orzo, ma no certo una tisana. Poi? Rilegge tutto, un’occhiata ai telegiornali e lento verso la camera da letto. Ora rimane solo. Ecco il momento del pigiama a righe. Comodo si toglie gli occhiali, una preghierina. Un dolce pensiero alla moglie Marisa che l’aiuti da lassù a districare questa matassa difficile. Poi nel buio ripensa e rimugina, come facciamo tutti quando i pensieri ci preoccupano. Si gira di là e poi di qua e alla fine il pensiero più umano, più giusto, più vicino a tutti noi cittadini: “ma chi me l’ha fatto fare” e buonanotte.