Oggi è San Giuseppe, la festa del papà. Dalle mie parti, in Toscana, si chiama “babbo”, come fa dire Collodi a Pinocchio nel suo famoso libro.
Mio babbo oggi non c’è più avrebbe avuto novantun’anni. Uno di pìù di mia mamma che invece è, per fortuna, ancora in vita.
In questo tempo strano, di un’epoca che pensavamo facesse parte del passato, come quella Manzoniana della peste, o del futuro apocalittico di qualche romanzo fantascientifico, i padri e le madri si devono lasciare soli perché fragili.
Questo virus maledetto ha generato una cosa veramente strana, ha creato una sorta di categoria, quasi un girone Dantesco: “le patologie pregresse”.
In esso ci sono i condannati più vicini all’ombra della morte. Se il Covid-19 li sfiora allora si ha come la percezione che in qualche modo la mancanza di avere un antidoto al morbo, la sua stessa potenza, trovi una sorta di diversa giustificazione.
I passati a miglior vita in questo maledetto periodo lo sono perché affetti da “patologie pregresse”.
L’aspetto ancora più singolare del momento è che in questa sorta di condizione è stata inserita anche la vecchiaia. Gli ultrasessantacinquenni sono tutti più esposti all’infezione. Beh avendone di anni sessantaquattro e essendo affetto da un tumore comprenderete che non sto molto tranquillo.
Di fronte a questo immane pericolo, questa enorme catastrofe mondiale, chi ha il potere sulle cose e sugli uomini, cioè la classe dirigente, si sta interrogando cosa fare nell’immediato ma anche e soprattutto nel futuro.
Perchè una cosa è vera, siamo in guerra, e le conseguenze ci saranno come sempre accaduto nei grandi conflitti. La crisi economica, come già si avverte, dopo, sarà micidiale.
C’è chi sta facendo, in tutto questo, una semplice considerazione e mette tutto nel calderone della risoluzione economica lasciando fuori ogni elemento dei valori dell’umanità.
Allora il calcolo, l’equazione, diventa facile: patologie pregresse, vecchi, immunità di gregge, economia. Risultato:“pazienza”. Attenzione non nel significato di disposizione alla tolleranza e alla sopportazione, ma in quello più triste della rassegnazione fino ad arrivare a quello della legge che diviene la negazione di un diritto.
E’ giusto creare una società prossima futura, facendola forse immune dal virus e per questo far morire i vecchi? Ecco io penso proprio di no e la mia spiegazione non sta dietro formule finanziarie, andamenti dei mercati e spostamenti degli spread.
Cari signori, i vecchi e oggi ricorderò mio babbo per tutti, non si possono lasciare indietro:
perchè mio babbo è emigrato in Canada per cercare di aiutare la famiglia numerosa;
perchè mio babbo mi ha tenuto la mano dietro al sellino della bicicletta per insegnarmi ad andare su due ruote;
perchè mio babbo, lavorava in ferriera e mi prendeva in braccio, fortissimo, quando prima del turno di notte gli portavo la cena nel paniere;
perchè mio babbo mi portava all’Arno, quando ci si poteva fare il bagno, e aveva fatto una sorta di salvagente con la camera d’aria di un vecchio pneumatico;
perchè mio babbo fece un debito, per regalarmi a Natale uno scooter usato, era un “Lui” della Innocenti, e lo portò al quarto piano per metterlo sotto l’albero come sorpresa;
perchè mio babbo mi abbracciò alla fine di una partita quando segnai due goal;
perchè mio babbo, siccome la nostra famiglia era poverissima aveva un doppio lavoro, faceva l’imbianchino. Il giorno del mio diploma lui era in un quartiere a lavorare. Io con gli amici andai a vedere i risultati degli esami della maturità. Decidemmo di festeggiare tutti insieme andando nella piscina comunale. in corteo passai proprio dove mio babbo lavorava. Feci aspettare tutti e salii le scale per raggiungere le stanze dove c’erano i lavori. “Babbo” gli dissi “sono stato promosso, con ottimi voti” . Si voltò, era in alto su uno scaleo, tutto sudato e mi domandò “con quanto sei passato?”. “Cinquantasei sessantesimi babbo” gli risposi tutto orgoglioso. “E quanto sarebbe” mi domandò non avendo capito la proporzione, i suoi studi si erano fermati alle elementari. “Babbo sarebbe come nove e mezzo” gli spiegai “Bravissimo” rispose “dai, per premio fermati a fare una stanza”.
Io sorrisi e mi affacciai alla finestre e gridai da sopra ai miei amici “andate io resto con mio babbo” e mi mi misi a dipingere con lui, parlammo tanto e si rideva e cantava insieme perché aiutava il ritmo della pennellata, come mi diceva sempre.
Quel momento è stato uno dei più bei insegnamenti della vita, che mi è servito con la famiglia e nella mia carriera di lavoro.
Ecco, signori, perchè non si può lasciare indietro nessuno.
Buona festa Babbo, ovunque tu sia.